Pubblicato su www.playboy.it
Capelli blu, due piercing ai lati della bocca e un anello al naso. Una pistola a tamburo le spunta da una giarrettiera di pizzo sulla gamba sinistra e uno strano animale le sovrasta, quasi stringendoglielo, il petto. Il corpo nudo di Felisja Piana è una vera opera d’arte. Tatuaggi ovunque, dal ventre al collo, dall’avambraccio sinistro al palmo della mano destra. A guardarla da lontano sembra ci sia tanta pelle ancora libera. Ad uno sguardo più attento e ravvicinato si vede invece un reticolo fittissimo di linee e puntini che le coprono le spalle, la schiena, il sedere e i fianchi fin sotto i seni. Sono tracce di tatuaggi già cominciati ma ancora lontani dall’essere finiti. Come i pittori rinascimentali usavano cartoni bucherellati per trasferire tratti del disegno su una parete imbiancata, così i tatuatori che hanno la fortuna di lavorare con lei hanno lasciato tracce del loro passaggio, le basi delle loro creazioni, e reso il suo corpo una tela ancora in via di realizzazione.

Felisja posa in intimo davanti all’obiettivo della mia Nikon. La lascio fare, do pochissime indicazioni. Le dico solo quando cominciare a spogliarsi. Siamo in un locale di Roma, il “Teorema”, a Quarto Miglio, un posto semplicemente perfetto – per forme e colori – per il tipo di foto che ho in mente. Ma Felisja non è sola. Al suo fianco c’è Yana, Suicide Girl come lei ma sotto molti versi il suo opposto, e non solo per i capelli rossi: lei è più riservata, più distaccata, più fredda. Sarà che viene dal gelo della Russia (che Felisja, abituata al sole della sua Sardegna, può aver vissuto solo di passaggio) o che non conosce l’italiano, ma durante quelle due o tre ore di scatti parla molto poco. Sorride, certo, annuisce alle mie parole, ma posa in silenzio e senza tradire emozioni. Tant’è che sul suo profilo Facebook di recente ha lanciato l’hashtag #yanasinner_smiling per accompagnare le foto in cui sorride, visto che si è resa conto di averne pochissime in cui lo fa. «Perché non parli?», viene da chiederle, mentre se ne sta lì ferma ad aspettare lo scatto, un po’ come fece Michelangelo una volta scolpito il Mosè, talmente perfetto da suscitare la rabbia del suo stesso autore perché il suo unico difetto era l’esser muto.



«Assolutamente no. Qualche anno fa un fotografo mi ha notata mentre facevo tutt’altro lavoro e mi ha chiesto se volevo provare». «E nel tempo libero che fai?». «Scatto foto». Felisja appena può passa dall’altra parte dell’obiettivo per ritrarre le sue colleghe. Yana, invece, le sue colleghe le veste. Da tempo ha dato vita ad un marchio di intimo (“Sinner Couture”) che vende in tutto il mondo e che spesso e volentieri porta con se nei vari set. Non nel mio, purtroppo. È lingerie molto particolare: scopre, più che coprire, mostra, più che nascondere. Pezzi raffinati che esaltano le linee del corpo femminile, disegnati da chi, sull’argomento, la sa molto lunga. Roba simile a quella che indossano mentre scattiamo. La scelta tra i vari outfit era ampia e ho cercato di abbinarli al meglio. Quel che ne è uscito, o almeno il meglio, lo avete sotto i vostri occhi. Ovviamente non è tutto. Di foto ne avrò scattate almeno un migliaio.
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